quant’è che desidero il sorriso di un amico. quanto arriverei a pagare per ricevere un abbraccio sincero. neanche il fuoco basta a colorare il buio che c’è qua fuori; e neanche riesce a creare la tipica illusione del suo calore. quanto sono disposto ad offrire perchè le cose cambino quanto basta. quante lacrime avrei versato se fossi stato mia madre..lontana da me. perchè penso troppo alle cose e le faccio morire prima ancora di evocarle. non c’è il gusto della soddisfazione nel mio crescere adesso. non ho i mezzi per offrirmi dei piaceri maggiori, rispetto alle sofferenze che i nonrapporti coinvolgono. quanto mi piacerebbe vederti sorridere, dall’altro lato del tavolo: a 40 centimetri da un abbraccio, o da un bacio. quanto correrei a piedi nudi sulla sabbia cocente per raggiungere il mare; dolorante ridente, soddisfatto. stare steso sulla spiaggia e dover pensare solo a quanto lei è bella. l’immagine con fotografia molto opaca ed i colori accesi..il ricordo che ti fa tornare quand’eri ragazzino e le stringevi la mano. alla tua amica più sincera..a colei che avresti amato per sempre. i fili d’erba pungenti sulla schiena, la sensazione di poter volare nel nulla..almeno per un minuto. la capacità di ridere prima dell’incontro di una dipendenza, che quando non può essere alimentata ci fa diventare depressi. il sentirsi vecchi a ventunanni essendo lontano da tutti..con la sola possibilità di sorridere a degli estranei, che, talvolta, con me non ci possono neanche parlare. passeggiate sul bianco con solo un bagaglio di emozioni evocate dall’immaginazione di cosa potrei essere. aumentare il battito cardiaco nel tentativo di una soddisfazione adrenalica. e quante cose racconto della mia intimità ce tu neanche t’accorgi. perchè stai leggendo il ricordo dei miei occhi, che ormai più non sono..che erano quell’io forse giovane..che aveva ancora persino dei credo politici. quell’io che oggi quasi mi fa ridere. quell’io che talvolta riusciva anche a piangere. quell’io che cercava disperatamente di capire veramente cosa volesse dire amare. che davanti agli occhi aveva solo dei deserti giganti. che lui solo voleva edificare con le sole piante che nascevano dalla sua voglia di far emergere la sua espressione. ingenuo e coscienzioso. consapevolissimo di non essere consapevole di cosa non sapeva. e sognava di continuare a spingere una tavola di legno con un piede..e con l’altro rimanere incollato alle proprie certezze. di ciò che non sarebbe diventato mai. e lìimmagine che mi costruisco di quell’io che non è mai esistito. quelli che ancora oggi ti fanno ridere perchè li pensi ridicoli. e quelli che non ti fanno ridere più perchè questo adesso è troppo. tentare di fare rimbalzare un sasso sull’acqua, quando l’acqua si muove continuamente, perchè é meglio di te. e io che allora scopro che non so più dove muovermi. come lo spiego a questi? che male mica gli voglio..ma che nun se capimo, se non in un cerchio formalizzato dal nostro povero linguaggio comune. landa desolata di troppe cose che né conosco né capisco. la mia non è critica. è costatazione inespressiva. aria già annusata e non ancora riciclata. il vizio di essere stupidi. se suoni io sono qui. lo so che non esiteresti..ma siamo lontani; eh già. forse traspare l’amarezza delle mie congiunzioni. l’unire l’utile al lucro. il difficile creare dal niente..quando neanche quest’ultimo riesci a definire.
conoscere adesso qual’é la fotografia che daresti alla scena è molto confortante. mi fa sorridere, e sognare; come quando imitavi la superficie dell’acqua.