la barca si rompe e rimango sull’isola di fronte al mio scoglio. a nuoto la distanza è molta ma se ne avessi voglia potrei tranquillamente attraversarla. non mi va, volevo fare un giro in barca. se volessi tornare nella mia stanza dovrei bagnarmi, ed oggi, proprio non mi va. inizio a fare dei disegni con i sassi, mi richiama amarezza come se li leccassi. il posto giusto in cui vorrei essere è proprio di fronte al mio sguardo. mi rendo però conto che non è perchè non ho voglia di bagnarmi che non ci vado, ho provato a mentirmi; quello non è il mio sasso e non sono venuto qui a caso. quel posto è dove ci sei tu, tutto di vetro e ben illuminato. io ti vedo dentro e tu mi vedresti fuori se mi ci avvicinassi ma la mia timidezza non me lo permette. ho provato a passare strisciando e “per fortuna” tu non mi hai visto. mi è bastata una buona scusa per ripetere il percorso, questa volta correndo. testa dritta verso il buio ed al massimo della mia possibile velocità. per essere notato ma per non essere fermato, quasi a mostrare ch’avessi altro da fare, nella mia stupida ingenuità, proprio nel momento in cui ci sarebbe maggiore esigenza ad essere fermato e considerato. forse mi hai visto, io non troppo dopo mi sono fermato. visto che non avevo niente da dirti e non c’era motivo ch’io passassi di lì, ho deciso che questo fosse il modo migliore di farti fare quanto mi era più a cuore. ovvero che tu mi pensassi. nella speranza che lo stessi facendo già prima.