Sono statico ed all’ingrasso. Mosso solo dai desideri di mangiare e bere caffè. Ogni tanto leggo ma v’è poca soluzione alle infinite possibilità ingestibili. Potrei ma mi manca sempre qualcosa. Qualunque cosa desiderassi fare. Ed anche il tempo sembra prendersi gioco di me. Anzi, già se n’è preso dico io. Ogni tanto passeggiando lentamente vado a scrutare quel mare mai fermo mai annoiante. Sorseggiando acqua locale. Colto dal decisamente non saper che fare scelgo di avvicinarmi a quella strana figura sulla sabbia che non si capisce. Chiudo i vetri ondevitare che gl’uccelli invadano il mio spazio.
Il mare porta sempre dei regali ogni volta che si muove. Ma stavolta non c’è niente per me.
Intanto scopro che ha regalato una casa ad un rassegnato cigno nero costretto a strafogarsi di materia aleggiante costantemente nel suo intorno. Anche se abiterà qua poco. Che sia prima un branco di bracconieri o il mare di nuovo a trasferirlo.
Mi distendo ed ammiro l’abusivismo edilizio tipico di questa costa. Mi affascina e talvolta disgusta allo stesso tempo. Del resto non piace che la creatività venga utilizzata solo in queste piccole cose. Vorrei serbare maggiori vittorie alla fantasia.
Torno, e la mia terrazza si riempe di insetti che scelgono di morire.
E uccelli di buon ora cercano di sfondare un vetro con il resistente becco opaco. Poi urlano e scappano come giovani delinquentelli.
La produzione di gioielli qui è continua e non sfrutta nessuno. È a costo zero ed il risultato è certo sorprendente. Una continua catena di produzione che produce per diletto, lontano da lucri materiali e vezzeggiamenti culturali.
Intanto c’è chi prende in giro la ggente. E li tiene sempre in allerta dal possibile terrore possibile scaturente da selvaggi individui senza apparente scopo alcuno che serpeggiano tra le civiltà economiche per privarne profitti.
Sento di meritarmela adesso una buona partita. Ma non succederà. Mica si regala niente. O sono io a non saper giocare o questo gioco è infame.
Mi continuano a regalare cose che non mi servono. Poi ogni tanto sopraggiunge qualche spiraglio bonario e ricreante; ma solo ogni tanto. Come fosse necessario respiro per la diciamo necessaria sopravvivenza.
Insomma. Ancora una volta tanta pochezza.
Ed io che ci sto provando di continuo. Anche analogicamente. Forsennatamente talvolta. Finché la percezione del tutto perde rotondità e chiedo a me qual’è il senso che ha questa cosa. Dov’è la ragione del mio scopo?
Cerco allora e mi rendo conto di star cercando di mettere ordine in qualcosa che non è mio. A tratti è umiliante rispetto alla quantità di altre cose che potrei effetivamente fare.
Ma ogni tanto me lo chiedo. Ma che mi illudo a fare?
La stanchezza non mi permette di continuare a perdere.
Ti è piaciuto lo spettacolo che abbiamo visto ieri sera? Ti ha divertito? Che ne dici se facciamo una passeggiata in riva al mare? Quando ci ricapita? Forse ti ho fatto anche troppe domande però se ti va veramente io una passeggiata la farei, veramente, quando ci ricapita? Vorrei che il lungo tramonto di questa costa fosse già iniziato così potrei mostrarti quelli che sono i colori che mi emozionano e che non sono mai riuscito a riproporre su carta. Quando penso a quei colori e qualcuno mi chiede di descriverli non so proprio da dove cominciare. Non ho altri riferimenti per creare paragoni. Mi è molto difficile pensare quei colori fuori da quella particolare ed affascinante cornice. Non potrei emozionarti se ne te parlassi e basta, questo credo. Li dovresti vedere per quello che si presentano anche perché ogni sera è diverso. Se ti fermerai abbastanza e ne avrai agio fossi in te mi fermerei si. Apparte il fatto che mi farebbe piacere indifferentemente che ti fermassi, in cambio del piacere spero reciproco ci penserebbe appunto la situazione a regalarti una di quelle viste che non basta vederle in fotografia, no no. Poi parlo sempre io e la cosa non mi piace. Anche se mi fa piacere che te ne stai lì ad ascoltarmi e non accenni a voler fare altro, mi fa pensare che ti faccia piacere e che ti piaccia ascoltarmi mentre ti racconto delle cose che ho fatto prima di tornare qui, a ricordarmi e non il passato. Sai quante cose che ho vissuto qua. Nella surrealità di un mondo costruito sulle fondamenta della fantasia di un bambino per-la-sua-età intelligente. Quante le cose che qui ho pensato e quante quelle che ho creato. I più bei sogni forse li ho fatti proprio qui. Il mio primo amore l’ho conosciuto qui. Qui dove le persone sono più spontanee e dove si dimenticano quello che sono nella vita mondana. Dole il sé emerge e ne gode dei sé altrui anch’essi tutti presenti ad un inatteso meeting che non ha pretese, vuole vivere di se stesso nella splendida energia di questo posto. Nel continuo e mai stancante suono ripetitivo delle onde che spingono e spingono e che anch’esse c’hanno regalato un sacco di divertimenti. Eravamo piccoli e geniali. Questo era l’immenso teatro dove i nostri spettacoli si animavano tridimensionalmente e ne giocavamo e ridevamo fino allo stremo. Fino a che la mamma t’obbligava, agl’altri, di andare a casa che è ora di dormire che non si può e non mi interessa quello che fanno gli altri. E poi questa casa con nove persone tutte dentro che si mangiava tutti i giorni tutti insieme tutti e nove nella grande tavola sotto l’ombra dell’albero e si rideva e si godeva del venticello che in quei mesi così caldi qualche sollievo lo regalava. Era pressocchè indispensabile. Quelle erano le prime volte che mi potevo permettere di tornare a casa solo per mangiare e dormire. Tutto si sviluppava nelle solite mura fuori dalle sole quattro mura. Noi che si stava le settimane ed il via vai di altri connazionali che villeggiavano massimo tre ma si facciamo quattro che la stanza è ancora libera. E almeno io che sognavo di vivere così praticamente tutto l’anno e la pausa cittadina l’avrei fatta gli altri nove mesi dell’anno mica solo tre miseri che poi erano due e massimo due e mezzo. Le partite di calcio sul bagnasciuga del moventatissimo mare, che noi amavamo ed amiamo ancora molto. Vengo qua ancora dopo così tanto tempo solo per stare un altro poco con lui. Lo devo ammettere. Ritorno ogni volta nei giorni in cui tutto era diverso. In cui la spiaggia era lunga da attraversare. In cui ci si scottava i piedi a lungo. Anche perché di sabbia ce n’era ancora. Prima che il mare si arrabbiasse molto e si riprendeva un pò di quella terra che ha tutt’ora di fronte ma che non è sicuro fosse già “sua ” prima di tutto. Fatto sta che poi metteveno tutti quei sassi lì così per evitare che queste piccole casette fossero letteralmente sfaldate. Perchè poi è successo. Almeno un paio di costruzioni abusive le ha portate via. Una tra l’altro era abbandonata da un pò. Ci passava un sacco di gente qui quegli anni. Tanta. Mi ricordo persino due meravigliose gemelle americane bionde che si parlava almeno noi un inglese da bambini ma gli si faceva già i regalini perchè erano meravigliose che ancora me le ricordo. Ma era maggio e neanche il mio compleanno era ancora venuto, ancora ogni tanto si andava a scuola ma mi ricordo che quella era una domenica particolare ed allora si era andati per un giretto sui rollebleid ed una sana giornata dove i padri si stendono tranquilli al sole e se ne stanno zitti a raccogliere colore. Mentre io vivevo quelle esperienze tutte infilate in quegli universi così particolari e sinceri. Nati per esistere e riproporsi sempre originali. Che ci hanno dato agio e divertimento per così tante giornate da far piangere alcuni che erano da altri costretti ad andarsene perchè mio nonno, perchè l’abbruzzo, perchè il lavoro. Ci si svegliava tardi e la notte si viveva nel branco sociale a ridere e parlare e baciare e scoprire. Si condivideva molto tra i tutti. Ero comunque felice qui di venire sempre. Ti va se ci sediamo? Sai le passeggiate qui le facevo sempre da solo con un pò di musica apparte una volta con quel mio primo amore ma solo dopo un paio d’anni che ci siamo un pò riscoperti che ormai c’era un blocco sentimentale un pò formale. E poi perchè eravamo lontani tanto l’uno dall’altro. Un pò troppo. E poi tu. Giuro sei l’unica persona oltre appunto come ho già detto prima. E che volevo mostrarti questo lato della mia intimità dei miei ricordi. A qualcun’altro gli avrei mostrato lo scoglio dalla lontanza oppure il paesello oppura la piscina oppure la spiaggia quella coi lettini oppure dove dovevamo nasconderci a fumare come scemi perchè la mamma di lui o la mamma di lei. Questo suono continuo non mi fa che star bene, non so tu eh. Ma a me da tanto. Da calma. Poi mi ricordo a leggere i fumetti per terra sull’erba mentre il vento accudiva il tuo riposo da quell’asfissiante caldo che ti bloccava, mentre aspettavi che si svegliava l’uno o che ci si iniziava a riunire perché si andava a giocare. Eravamo tutti insieme e tutti soli massimo a gruppi di due con concessioni ogni tanto, nei momenti in cui non si dovrebbe, di un terzo o addirittura di un’altra coppia. Sostanzialmente si stava tutti uno ad uno. Quello con quello, quello con quella, quella con quella, sempre quei due. E così le storie trovavano intreccio. Le informazioni viaggiavano da uno ad uno poi all’altro. Anche perchè, va detto, ogni tanto il compagno di coppia cambiava. Ce n’era si uno principale ma un momento lei che ti diceva quella cosa su lui o lei che diceva a lui quella cosa su di me o lui che voleva chiedere a lui cos’è che non andava in lui. O cosa piaceva a lei. O perchè non andiamo a mangiare con lei e lei oppure con lei e lui. O io e te. O io e te e lei con chi vuole. Nell’arco di quel tempo a rotazione si stava tutti insieme. Ma mai più, appunto, dei numeri citati. Dai mangiamo un gelato. Dai andiamo a guardare quella. Dai facciamo uno scherzo a quel coglione. Ci siamo divertiti tanto in tempi giovini. Ora tutti telefoni e capelli pettinati e che palle sta qua a fa nniente oh. Si sono smarriti praticamente tutti. Si viene comunque tutti qui ma le scarpe ma cioè quello ma la maglietta dove l’hai presa ma che facciamo ma che palle. Fa comuque sempre piacere stare tutti qui. Il caffè di fronte il mare. Lo scoprire quanto io e te siamo diversi ma si sta così bene qui insieme. E quelle cose che non ti ho detto mai. E ci vediamo dopo. Non credo che tutti le abbiamo vissute realtà così fitte come quella qui intorno e la sua intera storia nata con noi fringuellini. Tu, dove andavi in vacanza?
Ah, ho capito.
Ehh, infatti.
Visto? Mi fa piacerebbe che pensi che ne sia valsa la pena. In fondo te l’avevo detto. Poi appunto ogni sera è diverso. Hai fame? Dai che cucino qualcosa. Ti vuoi fermare a dormire? Non fare complimenti. Anche il mare delle nove-dieci del mattino è uno spettacolo.
Mi sembra un’ottima idea sai. Così entrambi non ci facciamo il viaggio soli. In fondo abitiamo nella stessa città. Così guardiamo un altro tramonto e ti potrò mostrare alcune differenze. Poi se guardi bene a quell’ora puoi vedere il fumo che esce dal vulcano. Ieri non si vedeva. Oggi sicuro si perchè si vede anche adesso. lì. Vedi?