Non so che pesci pigliare. Non m’importa di dar l’impressione di vagante nel nulla. Anche perché lo sono.
I tentativi d’esperienza sono tutti finiti in delusione. Il bagaglio si è appesantito e il veicolo è meno capiente. Tocca fare scelte scomode e le proposte si riducono alla sola noia non certo di tipo giovanile ma forse e comunque esistenziale. Le generazioni coetanee continuano anch’esse a riproporre errori scelti e mirati: qui il giovane trova impiego nello sbagliare e trarne pro e contro. Il far nulla domestico è diventato oppressivo. Le realtà sono diventate tutte poco proponenti. E si va dove c’è di più ma non c’è niente. Aumentano solo le maschere e gli atteggiamenti. Di proposta v’è n’è comunque, praticamente, assenza. La vera creatività continua a permanere all’interno dell’ognuno, e, non solo per questo, leggibile a pochi.
Le foci sono molte ma i fiumi scarseggiano. Tocca correre a piedi nudi sui sassi e andare incontro alle onde che però respingono. Tentiamo di appartenere noi pochi ad una realtà comune complicamente raggiungibile. Li conto i sassi ma mi annoio. Lo faccio spesso mentre penso a come potremmo unirci. È bello sognarne e progettare al tavolo. Non sempre se ne raccoglie prodotto. Buono o cattivo che sia. Tento comunque di portarmi dietro tutti e riparare le molte perdite che si notano. Tante altre si dimenticano e non si ce ne accorge. Certo non è facile star dietro a tutto. Certo la mente ne soffre. Vorremo fare tanto ma c’abbiamo poco. I soldi sono altrove ed ogni giorno più lontani. Le nostre generazioni vagano perché non trovano riparo. Eterni nomadi tra le possibilità ed i forse. Ma alla prima tempesta i finti ripari si rivelano tali. Si piange e si soffre e semplicemente si scopre che il problema è un altro e che la soluzione è né qui né qua. Basta scavare nel nulla e qualcosa si trova, lo prometto.
Do da mangiare alle formiche mentre mi convinco che sovvertire risolverebbe tanto.
È nelle geometrie che mi rifugio adesso. Mi fanno stare diciamo bene e sentire protetto. Mi mettono comunque a loro agio.
Perdo il punto di tutto e non cerco mica di rimediare. Mi riconvinco, come spesso di questi tempi mi capita, ch’è meglio girare qui dove siamo, tanto c’è poco altro che vi si può vedere, ed in brevi pause mica sempre. Non c’è luce ma molti insetti sono ugualmente a me attirati dall’energia di questo qualcosa vicino. Che vicino non si può dire ma il sentore lo fa pensare tale. Del resto a senzazion non si comanda. Aumentano le linee rosse alla maggiore chiarezza. Quel che sembra un paradosso diventa sicurezza. Allora prendo lo strumento e cerco di suonare il rumore di una nuvola. Poi mi rido addosso da solo ma non cambio né idea né obbiettivo. Ne rido e ci do forza.
Mi sembra corretto di parlare solo ma in silenzio. Insomma, sono cresciuto.
Mi viene da capire che dove mi sono preso la pausa sia abbastanza impegnativo; quindi è poco pausa. Allora voglio tornare a casa per prendere una pausa. Andare un po’ in giro e stare con le persone che mi piacciono e desiderare la ragazza che vorrei abbracciare forte.
Alcuni mi dicono che scrivo per apparire. No no. Non credo proprio. Anzi mi sembra superficiale da parte tua che. Solo che tu guardi sempre tutti i panorami dalla stessa finestra, che poi diventa uno schermo. E quindi ti sei perso un sacco di cose. Non voglio mica darti delle verità. E mica ti dico che ti voglio bene. E non perché non mi conviene.
Questo è il periodo dell’anno in cui terribili mostri neri iniziano a strisciare copiosi. Sono piccoli quanto disgustosi e ributtanti. Mentre li guardo ancora mi assicuro che preferisco le formiche. Di cui continuo a tenerne cura a modo mio. È tardi ma continuano a lavorare. Ed io scemo che ho posizionato il cantiere lontano. Spostarlo sarebbe anche dannoso. Vediamo quando ci sarà di nuovo il sole cosa mi verrà in mente.
Ogni giorno voglio svegliarmi per utilizzare le cose che ho comprato per fare colazione. Questa è la mia occupazione qua. Non ne sono molto contento.
Mentre insetti fecondano le proprie femmine mi chiedo dove vorrei andare a fare una passeggiata. Magari dove non ci sono tutti quei occhi attaccati agli alberi e nelle strutture che scrutano tutto fuorché la loro personale noia cronica.
Accendo un vecchio motore rumoroso. Poi accendo il televisore ma ne azzero l’audio perché ho bisogno d’immagini. Prendo l’acqua e lascio il libro dall’altro capo della mia attenzione, della proprietà.
trovo finalmente quello che prima avevo pensato che volevo.
I capogiri diminuiscono.
Faccio fatica a digerire le sempre schifezze istituzionali. E da quando sono nato che albergano sempre le stesse facce. Cambiano solo le pompinare. Perché purtroppo a questo sono accondiscendentemente obbligate. Storie di cani e cagne e cani. Urino ovunque per evitare sprechi inutili di risorse e poi controllo che le formiche non vengano mica attaccate da minacce non molto lontane.
Poi mi distraggo un attimo con le carte. Così non dovrei neanche perdere la concentrazione.
Lascio prendere aria alle pagine e scopro di non aver talento.
Sto giocando ma non scherzo.
Forse e probabilmente mi riferisco strano rispetto al come preferiresti.
I giovani sono allo sbaraglio e noi qui a mangiare patatine. È proprio strano il mondo eh.
E che ti piaccia o meno tu leggi che poi ne parliamo. Che non si capisce tutto mica come bere un bicchier d’acqua.
Io volevo solo spostarmi al vento ma mi sono ritrovato in un normalissimo racconto di quelli nojosi che già li conoscono tutti. E vorrei essere didascalico adesso quando mi esprimo. Senza senso di sintassi.
Le cose giuste continuano ad arrivare tardi.
Faccio punteggio ma non vinco le partite.
Anche se sto migliorando non mi sento più forte.
Ho sonno. Vado a spegnere le luci.