qualcuno dalla velocità del suo mezzo mi ha salutato vivacemente. chiaramente non ho capito chi fosse, chissà a quale delle tante cose pensavo, mentre ero a contare le frustrazioni dovute agli umani degli ultimi cinque minuti. cose che si accumulano a tutta l’esistenza, alla sua misera partecipazione all’errare. la pubblicità mi spezza la catena di pensieri e immagino il domani, che nel mio procedere di fantasia si accorcia e avvicina sempre più al presente, dimenticando il suo essere desiderio, appropinquandosi alla sua natura realtà, tale per essa amante proibita. la confusione definisce i confini, non c’é campo che non sia fertile all’immediatezza dell’essere, devo approfittare di un attimo che non esiste per giustificare questi miei desideri, conscio di tutto il tempo, a legger e ascoltar poesie, che abbiamo gettato al vento come semi di un cibo miracoloso, con il fare di chi disdegni i propri errori e istinti, tralasciando l’importanza del nostro fiuto al colorare lo spazio tra noi e il cielo, a creare una dimensione in quello che non possiamo vedere. attraverso tre vetri comunque riconosco i suoi occhi, che si lamentano e allo stesso tempo sono divertiti in quella sincerità da infante. potremmo non parlarci mai senza smettere di amarci. qualcuno bussa ferocemente alla porta, nessuno oggi l’ha ascoltato. siedo, altrimenti cedo. farei fatica a non essere sincero, a non trovare ogni spunto e motivo di smontare chi mi sta disturbando, per un motivo a suo dire importantissimo, a mio dire inutile, ad essere obbiettivi esagerato. cerco di riprodurre tutto il silenzio che ho imparato negli anni, quando lanciavo i semi all’aria e quando ne tornavo a scrutare germogli o ad assaggiare frutti acerbi. non ho dimenticato quello che mi hai detto, l’ho usato come mezzo per raggiungere il tuo desiderio. non ti ho mentito, ma la realtà si allontana dalle tue esigenze. cerco di assaggiare l’animo che ti spinge a pensare, quello che diventa il motore delle tue scelte o del tuo porti limiti, le possibilità sono infinite, e il mio sport si colora dunque di importanti risvolti. ho sviluppato ed imparato molte tecniche, ma sempre gli stessi infortuni sul calendario. non capisco le persone, quanto esse si abbandonino alle proprie intelligenze senza giudizio, ove spesso la razionalità sovrasta il cuore, al quale cambia sgarbatamente la percezione riducendo l’emozione al pensiero, la fiducia alla perdita di sicurezza. i nascondigli e le vie di fuga sono infinite. l’idiota urla. tu con la scusa dello spettacolo lo ascolti. ci siamo dimenticati come al solito di fotografare a vicenda il colore dei nostri occhi, e in poco tempo ci dimenticheremo l’uno dell’altro. ci dovessimo incontrare avremmo una diversa percezione dell’altro, un ricordo distorto ed unitosi ai fantasmi. ti rifugi nel buio, perché sei bella quasi da avere paura dello specchio. l’odore del terreno mi rilassa immediatamente e dimentico per alcuni momenti tutto quel muoversi di rumori. certo sono delle distanze, in un momento nel quale vorrei mare ad ogni orizzonte. mi allontano dal tracciato, a percepire che potrei buttare via in un istante tutto il lavoro fatto fin ora. non è possibile. succede solo che sto raccogliendo pezzi del puzzle da vari angoli remoti e distanti della stanza, che rimetterò assieme solo ad occhi chiusi e prima di vomitare. come ti chiami? dove hai nascosto le tue qualità? con chi parli quando sei da sola? che rapporto hai con i tuoi limiti? sto passeggiando con fare frettoloso, ci tengo che il mio tempo libero non venga interrotto da incontri utili o inutili che siano. accuratamente incavo i miei occhi, produco occhiaie di allontanamento e archivio gli elaborati mentali. le braccia mi vibrano, le ossa iniziano a sforzare le giunture. il mio corpo non può mai veramente esprimersi. energie troppo rumorose e vuote cercano di sgambettare, mi rilasso nervoso, sono solo e ne capisco i motivi. passi di corsa e mi dai le spalle, fai finta di niente, mi chiami per chiedermi dove ho appoggiato questo e quello. ci sono ancora alcuni sorrisi che so dove poter trovare, come quando si ha bisogno di un gelato. il mio atteggiamento si sposa perfettamente alle tue esigenze, frutto delle tue scelte. ci rifletto parecchio, e capisco che ho deciso di fare quanto fosse meno invadente e più rispettoso, sotto più punti di vista. le mie sofferenze le mantengo private non per vergogna non per timidezza. ma non posso raccontare più niente a chi si è impegnato a nascondersi. raggiungo la caverna dei reverberi, respiro profondamente per rendermi conto di quello che non percepisco, do uno spazio tangibile alle distanze che ignoro quotidianamente. fisso il muro che finalmente può rispondermi, sempre con la mia voce, sempre al mio respiro. sono su delle scale e sono solo io. ti porto rispetto e ti faccio ascoltare il peso delle tue scelte, di cui sei unico padrone. chissà quante cose succedono che non vediamo, di quanti strumenti l’alibi arricchiamo. soffia il vento che libera il cielo dalla noia dei troppi, dal fumo dei sicuri. mi abbandono alla leggerezza del lino. fossi vecchio avrei visto un sacco di cose. il tuo spazio è prezioso, spero che potrai capirlo con il tempo. io intanto continuerò ad invecchiare altrove. forse non dovrai raccontarmi le storie successe, i tuoi occhi hanno già abbastanza informazioni che ti descrivono, vale la proprietà commutativa, ho in mano i risultati e i dati non sempre sono indispensabili. chiudo gli occhi. non avrai accesso ai miei pensieri. per ora continuerai ad essere un bellissimo ritratto di un defunto sconosciuto.