fu seccante. eppoi tutto quel che se ne protrae, tutto sommato l’alleviar conseguito dopo tranquillizzante notifica mal non fu; è secco comunque rimase l’esser quasi-immobile. ho cieco istinto di essere sociale nel network, cosa che non sempre mi vien facile quando non allo schermo, per il ripudio del chiunque in troppi momenti. mi immergo quindi in onde di pixel dove si vedono cose che mammamia( non si può aggiunger altro): decido dunque di viverli questi mondi razionali, in tali giorni di soppiatto, per poter raccogliere cose che troverò necessario sputare sulla carta, o ancora sullo schermo, com’ora. poi pur troppo mica riesco a far nulla..no no..talmente esterno a tutto che mi trovo incapace, esattamente come credevo di esserlo. che ti piaccia o meno può esser considerato surrealismo, assolutamente. bisogna agir dunque di conseguenza. qui v’è sempre qualcuno che può cambiar esso stesso le tue carte; qualcuno che ti da orari; qualcun che mette regole: surrealismo condizionato è. lo riman comunque. è sconclusionante in qualsivoglia caso, bisogna rendersene conto. e allora mi tengo inerte. delle volte voglio proprio vedere dove si può arrivare, nonostante ci siano dei limiti. è che ai miei occhi tutto è videogioco, allora gioco. ma delle volte chi s’impegna molto tanto. almeno qualcuno che ride spensierato c’è. dunque scopro pure ispirazioni, camminando in stanze vuote..che difficilmente vengono violate. volendo in questi mondi c’è spazio per tutto. ed è stato sufficiente così..tra neollogismi e vino. offese personali. non basta tutto quel fresco che ho richiesto, qui si muore. ogni tanto finisce così. con tattiche obsolete ci si ritrova qualcosa nel culo. ma quante cose si riescono a vedere quando hai questo tipo di cose nel culo, nonostante chiaramente non sia piacevole. tutto molto ?. trovo di nuovo il luogo ideale. l’immenso vuoto. e stavolta è pure giusto il suono ch’essa emette. e me ne frega di ciò che quel dannato emisfero può rappresentare, dio immondo. decido di fuggire, nel mio momento migliore. metto il bicchiere in tasca. intanto il dolore rimane, ed io rientro. e sudo sotto la ventola, mentre ascolto il tentativo di un angelo. che banalità. cacca. bestemmio. mi sembra che tutto vada da un’altra parte. sono seduto quindi ed allo stesso tempo su una sedia da ufficio e su una poltroncina da spiaggia: in entrambi i casi non mi posso lavare e quindi prude da tutte le parti. nonostante tutto siamo ancora qui. siamo ancora pronti. allora invado le case. faccio quello che farei nella vita reale: apparire psicopatico, essere umano. provo comunque molto imbarazzo, ma per gli altri, chiaramente. e giustamente credo che in molti abbiano parecchi problemi. ma tanti. sia problemi che persone. tanti, in tutto. tutto dove puoi essere qualcuno da uno schermo, e vedere quel tuo io nello stesso, nel trionfo di una realtà immateriale. io ogni tanto faccio semplicemente finta di essere vivo, così da non destar sospetti. tutto continuando a sudare come un porcello. quindi c’è una puzza che non finisce. quindi il silenzio mi avvolge. provo altrettanto imbarazzo per me stesso. la parte più sudata è quella che si muove meno. sono arrivato ai livelli di una volta, quelli che non mi ricordavo più. e con le cuffie con cui ascolto le cose fa ancora più caldo. ripeto ripeto e ripeto. e l’acqua finisce subito, aprendo nuove possibilità di concetti. ebbasta. decido io daltronde. mi ritrovo doppiogiochisticamente alle questioni dell’angelo. in mare di perversione; di quella formale però..che voglio assolutamente indagare. e mi ci avvicino tantissimo. che desolazione.