incendio.

se non mi fosse capitato di infilarmi per caso in certe mondanità, non mi sarei forse del tutto mai reso conto di essere completamente distante dal mondo. giovani indiscreti e spensierati, colti dall’inerzia del loro automatico agire, ubriachi di illusioni, mi lanciano epiteti che si rafforzano nei loro significati, allontanando quello che ho in me da tutto il resto, in un angolo sempre più inaccessibile del mio corpo. desolato, condisco la mia passeggiata verso il buio con impulsi abbandonati. sento vivace la voce che mi racconta le cose, ha chiaro quasi tutto, riconosce facilmente ciò da cui si è impegnata fortemente ad allontanarsi senza rimorsi. una misera speranza, come un farfalla in mezzo ai condomini, mi passa accanto e cerca di esprimersi, di raccontarsi. bloccata da chissà quale dubbio, mi impone necessario l’isolamento. “come stai? chi sei?” ti chiederei, senza aspettarmi una specie di sorriso, cerco di far presente che a me non devi giustificazioni. non raccontarmi quanto sei abituata a dire agli altri, trova il tempo di cantare la tua voce. raccontami il tuo assurdo, rendimi il tuo cuscino per ascoltare quei pensieri che fai solo prima di addormentarti. che faccia hanno i tuoi sogni? chi sono quando mi pensi? cosa provi quando mi vedi? e colpisco i sassi con le scarpe. muovo le mie preoccupazioni dove non tornerei a dormire se avessi altro. domani quando mi sveglierò forse potrò leggere una sorta di risposta. forse quello che mi merito è che le persone scappino senza dirmi nulla, darmi risposte. forse. che il paesaggio che vedo mi ricordi chi sono, quando lo sono stato. mi ripeto nel tentativo di essere ancora. me ne vado senza chiedere ancora. chi? il passato di qualcun altro, si affaccia sui miei ricordi. forse era qualche anno fa, ero un’altra persona. ora ricordo il modo in cui sorridevo, le risposte che mi davo. continuo a correre di forte impulso. tachicardico tentativo di affermare una crepa sul mio muro portante, nei miei più tentativi di distruggere quelle mura che mi obbligano. senza scheletro, adagio sugli avvenimenti. il corso del fiume, strada nuova. la pelle che si riscopre, forse quella stagione che non esiste più. mi guardo indietro, verso i miei domani, lasciati a chiacchierare tra di loro. chi sono nei confronti del mio ego? sparisco anch’io, lamentandomi di comportamenti altrui che poi faccio miei. mi rifugio negli errori degli altri, sterilizzo le mie iniziative. ricordati di quello che non mi hai detto, potrebbe succedere la fortuna di un’ altra occasione.