disdegno il tuo creder le cose senza saperle, superficiale dar per scontato che per nulla si addice a ciò che potresti professare; ed il problema che si è troppi come te, insopportabile alquanto. menti a te stesso e ti elevi chissà dove: e guardati i piedi, poi, lentamente, alza lo sguardo più su, piano piano; ecco, renditi maledettamente conto di dove sei, così forse la smetterai per quarantott’ore, e tornerai poco meno stupido di prima.
passa troppo tempo tra quei momenti in cui credo di essere portato ad aver senso, troppo distacco fra quelle realtà(in sé troppo brevi) che voglio viver, a coltivare il mio fiore ben più lontano di quanto possa sperare: non è un fiore in un vaso. non è un fiore in terreno. non è un fiore fermo che sai dove trovarlo; quel che vorrei fosse mio è un fiore in movimento, che solo in certi momenti so dov’é locato; e come dicevo, momenti tra di loro troppo distanti.
il mio fiore non lo sa, forse inconsciamente lo immagina, ma non lo sa, o, se lo sa, non io fui a dirglielo. spero piuttosto che lo desideri, ma l’impersonale sua razionalità non si confessa, e rimango tormentato comunque, perchè senza risposte, ahimé, giovane coglione.