camminar per la metropoli più vicina, e veder esasperate quelle schifezza viste qui, nella piccola cittadina, che è grande paese. ma nonostante ciò ci vidi un fiore sbocciare laggiù, un fiore che già conoscevo, ri-vidi il fior sbocciare e giungere nel mio tracotante essere innamorato, tra sofferenza e tante-belle-speranze. è stato questo fiore capace di farmi far cose impensabili, chemmai io feci, chemmai farei. e si aggiungono i domestici dolori, tali piccole ferite che squarciano i miei desideri, che vogliono ardentemente farmi male. e scopro di non esser socialmente capace, mi chiedo dunque se il mio amare può essere, perchè non so rispondermi; poi penso che la risposta sia lo sturm-und-drang che sento quando vedo quell’immenso(mi pare) fiore: e le mie violacee emozioni non sanno mentirmi come il mio carattere non sa farsi avanti, e quasi gode nel vedersi privato delle sue possibilità, per riuscire così a dipingere le sue sofferenze sul bianco, e continuar così, per il resto dei giorni.
e cosa più frustrante è non riuscir più a piangere.